Il mantenimento non basta . I figli hanno bisogno di entrambi i genitori. Sent. Trib. Roma 11/01/2012

L’ assenza volontaria del padre spesso causa grossi danni ai figli, danni che influenzeranno la vita e personalità dei figli, i quali hanno diritto al risarcimento del danno patrimoniale e non.

I figli hanno bisogno della presenza costante di entrambi i genitori, i quali con i loro difetti e doti aiutano la prole a costruire la loro essenza e personalita’.

La mancanza di un genitore, che volontariamente non affianca il figlio nella crescita ed evoluzione interiore, provoca al medesimo un ingente sofferenza che si riverbera sulla personalita’ e sul carattere del figlio.

Tale condizione configura un danno il cui risarcimento e’ stato riconosciuto dal con sentenza dal Tribunale di Roma, che con sentenza accoglie, sotto i profili sia del danno esistenziale sia del danno morale, la richiesta di risarcimento del danno avanzata dal figlio, per un totale complessivo di 80.000 euro. La succitata sentenza accoglie, sotto i profili sia del danno esistenziale sia del danno morale, la richiesta di risarcimento del danno avanzata dal figlio, per un totale complessivo di 80.000 euro.

Ecco la sentenza per esteso

Sentenza Trib. Roma 11.1.2012

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI ROMA

SEZIONE PRIMA CIVILE

nella causa civile di primo grado iscritta al numero .. del ruolo generale contenzioso dell’anno …, vertente

TRA

X, nata a x il x, rappresentata e difesa da x con studio in Roma, x, per procura speciale a margine dell’atto di citazione

-attore-

e

Y, nato a x il x (c.f. x ), domiciliato elettivamente in Roma, x, presso lo studio de x che lo rappresenta e difende per procura generale alle liti x

-convenuto-

Oggetto: azione di risarcimento del danno da illecito aquiliano

Conclusioni:

per l’ attrice: “Voglia il tribunale adito, in via preliminare dichiarare inammissibile o comunque rigettare l’ eccezione di prescrizione formulata dal convenuto, anche in relazione alla genericita’ della prospettazione ed alla mancata indicazione del dies a quo; in via pregiudiziale e/o incidentale, dichiarare inammissibile e/o rigettare la domanda riconvenzionale; in via principale 1) dichiarare il convenuto responsabile dei danni subiti dall’ attrice e dal figlio minore W in dipendenza dei fatti di cui in narrativa; 2) per l’ effetto, condannare il convenuto Y al risarcimento dei danni stessi, sia quelli patrimoniali che quelli non patrimoniali (morale, biologico, esistenziale, relazionale, eccetera), in favore dell’ attrice, in proprio e nella qualita’, determinandone l’ ammontare in euro 8.000.000,00 per il minore ed euro 840.000,00 per l’ attrice stessa (da devolversi, quest’ ultima somma, integralmente ad organizzazione di beneficenza in favore dei bimbi africani); 3) in subordine, liquidare tali danni in quella maggior o minor somma ritenuta piu’ giusta e piu’ equa; 4) con gli interessi legali e rivalutazione monetaria; 5) con vittoria di spese, competenze ed onorari da distrarsi in favore del difensore antistatario”

per il convenuto: “Piaccia all’ illustrissimo tribunale rigettare ogni domanda proposta nel presente giudizio dalla signora X in proprio e nella qualita’ di genitore esercente la potesta’ genitoriale sul figlio minore W, perche’ inammissibile, improponibile, improcedibile e comunque infondata in punto di fatto ed in linea di diritto; in accoglimento della domanda riconvenzionale spiegata dal signor Y nei confronti della signora X personalmente, accertare e dichiarare che la signora X e’ tenuta a contribuire al mantenimento del figlio naturale W sin dalla nascita del medesimo e, per l’ effetto, disporre la misura del contributo da porre a carico della madre naturale per il mantenimento del figlio minore, secondo l’ importo ritenuto proporzionalmente congruo alla propria capacita’ economica, cosiì come accertata anche all’ esito delle risultanze di causa; per l’ effetto, disponendo la condanna della signora X a corrispondere in favore del signor Y l’importo conseguentemente risultante a far data dalla nascita del figlio e sino all’ effettivo pagamento, ammontare da devolvere integralmente al figlio minore W in conto corrente recante vincolo pupillare al medesimo intestato ed indisponibile sino alla sua maggiore eta’, laddove le somme stesse non debbano essere investite in Titoli di Stato. Con vittoria di spese, competenze ed onorari di causa”

Ragioni di fatto e di diritto della decisione

Con atto di citazione notificato il 15 dicembre 2008 X ha chiesto la condanna di Y al risarcimento del danno subito dalla stessa attrice e dal figlio minore W esponendo che: nel corso del rapporto con Y, l’attrice e’ rimasta in stato interessante e in data 26 ottobre 1994 ha dato alla luce un figlio, riconosciuto con il nome di W; il padre naturale, che all’ epoca svolgeva attivita’ di calciatore presso la …, mal tollerava vincoli e doveri connessi con lo stato di genitore e lasciava madre e figlio andandosene a vivere per conto proprio e seguendo la carriera di calciatore; per oltre 13 anni, e’ stata obbligata ad assumere iniziative giudiziarie e a promuovere azioni, anche esecutive, per indurre il Y a dare al figlio primogenito attenzione, cura e supporto morale ed educativo, oltre che per costringere il medesimo ad ottemperare alle statuizioni di ordine economico disposte dall’ autorità giudiziaria; all’ esito di un contenzioso, finalmente e’ stato possibile immettere nel deposito intestato al minore con vincolo pupillare la somma corrisposta dall’ Inter quale terzo pignorato; anche in seguito il padre si e’ sottratto al pagamento spontaneo dell’ intero assegno dovuto per il mantenimento del figlio minore; per tutto il periodo (quasi dieci anni) in cui il Y ha vissuto a Roma, il medesimo ha continuato ad ignorare l’ esistenza di questo figlio che, quando ha iniziato gli studi scolastici, ha tentato l’ inserimento sociale con un cognome famoso di un padre fantasma che vedeva soltanto in televisione; il padre mai una sola volta ha sentito il dovere di accompagnarlo o di prenderlo a scuola, per ripagarlo delle lacrime ingoiate nel sentire i compagni sbeffeggiarlo per l’ evidente assenza paterna in qualsiasi momento della vita (festivita’, compleanni e vacanze comprese); con l’ entrata in vigore della legge n.54/06, l’ attrice ha chiesto l’ applicazione del regime di bigenitorialita’, tentando di coinvolgere il padre in una relazione accettabile con il figlio; Y ha ammesso nel corso dell’interrogatorio di non essersi mai occupato della cura del rapporto con il figlio, evidenziando con sconvolgente indifferenza di averlo incontrato un paio di volte in tutto e confessando, pertanto, l’ inesistenza di un rapporto affettivo e/o relazionale; all’ esito di tale giudizio il Tribunale di Roma, il 19 febbraio 2007, ha pronunciato decreto con il quale, premesso che la situazione di fatto non consentiva di prendere alcuna decisione in ordine all’ affidamento del figlio, da regolamentare secondo accordi da prendere di volta in volta autonomamente in quanto il bambino e’ stato sempre con la madre, e che il padre e’ stato sostanzialmente assente nella vita del figlio, ha disposto l’ esercizio congiunto della potesta’ genitoriale da parte dei genitori per le decisioni maggiormente significative nell’ interesse del figlio e che il padre dovesse vedere e tenere con se’ il figlio almeno una volta al mese; con lo stesso provvedimento, il Tribunale di Roma, considerato che il rifiuto e disinteresse dimostrati dal padre nei confronti del figlio e la mancanza di apertura alla condivisione degli obblighi gravanti sui genitori dovessero essere sanzionati, ha condannato Y al pagamento della somma di euro 1.000,00 da devolvere alla cassa delle ammende; avverso tale pronuncia Y ha proposto reclamo, deducendo l’impraticabilita’ della statuizione per cui il padre dovesse vedere e tenere con se’ il figlio almeno una volta al mese in ragione dei motivi geografici, essendo egli residente in Milano, e professionali, essendo allenatore di un importante squadra di calcio che lo impegnava in Italia e all’ estero, chiedendo che la frequentazione fosse prevista per le vacanze estive, natalizie e per le altre festivita’; la Corte di Appello di Roma ha rigettato il reclamo il 29 maggio 2008 osservando “..come si evince, infatti, dalle stesse dichiarazioni del resistente nel giudizio di primo grado, egli e’ rimasto totalmente assente dalla vita del figlio, del quale si e’ presa cura in via esclusiva la madre e, avendo il padre riconosciuto di avere visto il proprio figlio, gia’ dodicenne nel dicembre 2006, solo due volte dal giorno della nascita… ne’ l’ indifferenza del reclamante verso il minore puo’ trovare alcuna giustificazione nell’ allegata nascita del bambino da un rapporto occasionale tra le parti e nell’ attribuzione alla madre di un comportamento teso a trarre il massimo vantaggio economico dalla paternita’ del facoltoso genitore”; nonostante le decisioni giudiziarie tendessero a richiamare Y ai doveri di padre, nessun cambiamento si e’ verificato quanto al totale assenteismo nella relazione con il figlio; la madre e’ stata ed e’ praticamente sola nella cura ed educazione del figlio, con limitazione e compromissione delle sue possibilita’ di carriera nel mondo dello spettacolo; sebbene godesse nel 1994 di una certa notorieta’ come modella, il regime di monogenitorialita’ impostole dal convenuto l’ ha obbligata a rinunciare a qualsiasi prospettiva futura; da ciò e’ derivato un danno patrimoniale e non patrimoniale, da determinare in relazione ai guadagni percepiti al momento della nascita del figlio; quanto al minore, e’ scientificamente provato che la mancanza dell’ amore di un padre, che di fatto rifiuta il figlio, produce in quest’ ultimo il cosiddetto “danno biologico primario“, i cui effetti di disagio psico-emozionale si produrranno permanentemente, causando a sua volta con coazione ripetitiva ulteriori future devastazioni, anche se difficilmente sanabili; al minore e’ evidentemente derivato anche un danno esistenziale, giacche’ la sua vita risultera’ permanentemente contrassegnata e condizionata dalle tracce indelebili di un padre totalmente assente, danno ancor più rilevante ed incisivo tenuto conto della fama e della notorietà di tale padre.

Si e’ costituito in giudizio Y contestando la fondatezza della domanda ed esponendo che: Y e X si conobbero e frequentarono per un brevissimo arco di tempo e non hanno mai convissuto; il padre naturale ha provveduto subito a riconoscere il figlio nato da tale relazione, mai sottraendosi alle proprie responsabilita’ e mai negando la paternita’ del bambino, al quale si e’ da subito dedicato prestando il proprio sostegno materiale; ancor prima della nascita del bambino, al fine di non far mancare nulla al nascituro, ha provveduto a corrispondere alla madre consistenti importi, pari a lire 220.000.000; la madre, lungi dal destinare le somme corrisposte dal medesimo alla cura ed esigenze del figlio, ne ha distratto una consistente parte per soddisfare proprie esigenze personali, secondo quanto risulta dalla sentenza del Tribunale di Roma emessa in data 29 novembre 1996 dove si legge “la palese discrasia tra le somme ricevute e quelle effettivamente spese dalla ricorrente, induce a ritenere-in assenza di plausibili giustificazioni neppure allegate-che una notevole parte dei mezzi economici ricevuti sia stata impiegata per scopi diversi dalla soddisfazione delle esigenze di mantenimento del minore; deve quindi disporsi la trasmissione del presente fascicolo al PM… “; l’ attrice ha ricevuto per il mantenimento del figlio naturale e sino ad oggi oltre un miliardo di vecchie lire, nulla accantonando per il minore W, ma distraendo le stesse in proprio esclusivo favore; la medesima e’ stata ed e’ proprietaria di lussuose autovetture, ha acquistato per se’ una quota pari al 90% della societa’ …., proprietaria di un ristorante sito in …., e’ imprenditrice ed ha intrapreso importanti lavori di ristrutturazione del medesimo ristorante; anche nella sentenza n…../2000, che ha stabilito gli importi del mantenimento del figlio minore, si rinvengono passaggi dai quali si evince l’ atteggiamento- tutt’ altro che di disinteresse – serbato dal padre nei confronti del proprio bambino; lo stesso Tribunale di Roma ha, dunque, gia’ nel passato registrato il reale contegno serbato dal signor Y sin dai primi anni di vita del figlio, al fine di fornirgli tutto quanto necessario alla sua sana crescita ed al suo benessere; di altro tenore e’ stato l’ atteggiamento serbato dalla madre, che ha impedito al padre di avere una qualsiasi forma di rapporto con il figlio; nel corso dei diversi giudizi pendenti per determinare le somme dovute dai genitori a titolo di mantenimento del minore, l’ autorità giudiziaria ha registrato come la madre conducesse un tenore di vita piu’ che decoroso, fino a quando la stessa nell’ anno 2006, nell’ ambito del giudizio n.50401/06, ha confessato di svolgere attivita’ di rappresentante di abbigliamento, di lavorare da sempre e di guadagnare circa 800-1.200,00 al mese; in questo giudizio l’ attrice ha dedotto di fruire di redditi nell’ anno 1994, pur essendosi presentata nel corso degli anni all’ autorità giudiziaria come impossidente, disoccupata e senza alcuna prospettiva lavorativa; la madre e’ responsabile della compromissione del rapporto padre-figlio in quanto ha privato il figlio del telefono cellulare che Y gli aveva donato per comunicare direttamente con lui; l’ atteggiamento della madre, tendente ad interessare il padre solo all’ atto del pagamento, e’ confermato dalla scelta unilateralmente assunta dalla madre di indirizzare ad un istituto privato il bambino; il contenzioso tra le parti ha sempre visto il padre tentare di sottrarre alla madre la disponibilita’ delle somme che egli versava in favore del figlio per evitarne un diverso utilizzo e tale richiesta e’ stata accolta dal Tribunale di Roma quando, nell’ anno 2000, ha disposto che una parte del contributo mensile dovuto dal padre dovesse versarsi sul conto corrente bancario intestato al minore, dovesse essere investito in Titoli di Stato e vincolato fino alla maggiore eta’ del minore; la madre ha escluso il padre naturale da ogni scelta concernente la crescita ed istruzione del figlio; il piccolo W e’ nato all’ apice della carriera di calciatore professionista del y; negli anni della professione di calciatore, la vita del Y era interamente assorbita dagli stringenti impegni nazionali ed internazionali che tale mestiere comporta; nel predetto contesto, in tutti questi anni il Y, proprio per la professione esercitata, e’ di fatto rimasto al di fuori di qualsiasi vissuta quotidianita’ familiare anche con la moglie ed i propri altri cinque figli, a cagione della gravosita’ degli impegni di preparazione atletica e degli impegni agonistici di campionato, Coppa Italia, Champions League; nonostante gli stringenti impegni professionali, Y ha sempre contattato e cercato il figlio, anche invitandolo presso di se’, ma in ogni occasione ha incontrato il rifiuto e l’ opposizione della madre, la quale ha sempre teso ad allontanare il figlio dal padre e ad impedire al padre di tenere presso il proprio nucleo familiare il bambino; la madre ha sempre impedito e rifiutato qualsiasi supporto e sostegno del padre al proprio bambino, che non fosse quello prettamente economico: un atteggiamento che negli anni ha lasciato tracce indelebili nella formazione del figlio e delle quali dovra’ ritenersi esclusiva responsabile la madre naturale, tant’e’ vero che, in occasione della permanenza presso il padre a Milano qualche anno fa, il piccolo W, invece di giocare con gli altri figli del deducente ed interessarsi ai tipici argomenti dell’eta’, continuava a chiedere solo quanto guadagnasse il papa’, quanto costassero le cose che vedeva nell’ abitazione paterna, che macchina avesse il padre eccetera, come se fosse stato guidato dalla madre o condizionato dalla stessa nelle domande e nella stessa immagine del padre; nel giudizio incardinato dalla madre perche’ fosse stabilito l’affidamento condiviso del figlio il padre naturale, a fronte dell’impossibilita’ obiettiva di realizzare una forma di affidamento condiviso per i diversi luoghi di residenza e della stessa necessita’ di non allontanare il figlio dalla casa familiare e da Roma, aveva reiterato la propria volonta’ di vedere W durante le vacanze estive, natalizie o altre festivita’ al fine di realizzare una frequentazione effettiva con il figlio relativa a periodi duraturi, tali da rendere possibile la costruzione di quel rapporto che l’atteggiamento materno aveva di fatto sempre ostacolato; Y e’ oggi privo di occupazione lavorativa, essendo stato esonerato dal ruolo di allenatore presso il …., ma ciononostante riserva al figlio W un tenore di vita ben maggiore di quello goduto dagli altri suoi cinque figli.

Il convenuto ha eccepito la prescrizione di qualsivoglia pretesa economica formulata, ai sensi degli artt.2934 e 2947 c.c. o, in subordine, ai sensi degli artt. 2934 e 2946 c.c.; ha eccepito l’ infondatezza della domanda risarcitoria in difetto di allegazione dei fatti costitutivi del danno e di profili causali tra il contegno serbato dal padre e gli asseriti danni subiti dal minore; ha eccepito l’ infondatezza della domanda di risarcimento del danno asseritamente subito in proprio dall’ attrice per difetto di allegazione dei fatti costitutivi della domanda e comunque in relazione agli obblighi sulla stessa gravanti di mantenimento del figlio in relazione alle sue effettive capacita’ di reddito.

Il convenuto ha, poi, ha proposto domanda riconvenzionale di regresso nei confronti dell’ attrice per tutte le somme che la stessa avrebbe dovuto corrispondere per il mantenimento del figlio sin dalla nascita del medesimo.

Ritenendo irrilevanti le istanze istruttorie formulate dalle parti nel corso del giudizio, il giudice ha trattenuto la causa in decisione all’udienza del 13 ottobre 2011 con termini di legge sulle conclusioni delle parti in epigrafe trascritte.

1. Domanda di risarcimento del danno in favore del minore W

La domanda e’ in parte fondata.

Premesso che le istanze istruttorie formulate dalle parti, reiterate in via subordinata dalla parte convenuta in sede di precisazione delle conclusioni, sono apparse del tutto irrilevanti ai fini della decisione in merito alla domanda qui in esame, risulta pacifico ed emerge dai documenti in atti il dato di fatto per cui W ha incontrato il padre Y, nel periodo intercorrente tra la sua nascita ed il giudizio promosso dalla madre per l’ affidamento condiviso del minore (1994-2006), solo due volte e che, in seguito alla pronuncia del tribunale che disponeva che il padre tenesse con se’ il figlio almeno una volta al mese, il padre ha proposto reclamo per la modifica di tale statuizione. Nonostante il rigetto del reclamo, non e’ contestato tra le parti che l’ assenza del padre dalla vita del figlio si sia protratta nel tempo senza alcuna modifica di quanto avvenuto sino all’ anno 2006.

In particolare, nel corso del giudizio promosso nell’ anno 2006 dall’ attrice affinche’ fosse disposto l’ affidamento condiviso del minore, l’ attuale convenuto si e’ opposto alla domanda deducendo, da un lato, la distanza del luogo di residenza di padre e figlio, dall’ altro, la circostanza che il padre convivesse in comunione di beni con il coniuge e con il proprio nucleo familiare costituito dalla consorte ed altri cinque figli, e, dall’ altro ancora, la circostanza che il piccolo W non avesse mai convissuto con il padre naturale. A seguito della pronuncia del Tribunale, con la quale si disponeva che il padre tenesse con se’ il figlio minore almeno una volta al mese, l’ odierno convenuto ha proposto reclamo alla Corte d’ Appello deducendo l’ impraticabilità del provvedimento e la non rispondenza dello stesso all’ interesse del minore, sul presupposto che Y viveva a Milano con la sua famiglia ed ivi svolgeva un’ attivita’ lavorativa che lo vedeva impegnato per la quasi totalita’ della giornata soprattutto nel fine settimana e che fosse più conforme all’ interesse del minore incontrare il padre durante i periodi di vacanza affinche’ fossero garantite modalita’ di frequentazione effettive e durature.

Con riguardo, invece, alla volonta’ del minore, e’ bene evidenziare che, nel corso dell’ udienza svoltasi nel suindicato procedimento il giorno 12 dicembre 2006, quando W aveva 12 anni, il minore ha dichiarato “Vorrei vedere più spesso papa’, anche d’estate. Comunichero’ direttamente con lui per telefono per prendere accordi… gioco a calcio per passione… “.

Negli atti processuali depositati dalle parti, relativi ad un fitto contenzioso concernente questioni prettamente patrimoniali, null’ altro si legge a proposito dell’ assistenza morale spettante al minore, che ha sempre ed esclusivamente abitato con la madre, dalla nascita.

Occorre precisare che, in questa sede, non si tratta di stabilire quali siano o quali fossero i provvedimenti idonei a garantire il migliore interesse del minore in relazione al rapporto con ciascun genitore, quanto piuttosto di valutare se il comportamento sinora posto in essere dal padre abbia o meno concretato un’ ipotesi di illecito aquiliano, fonte di danni per il figlio e, in caso positivo, di quali danni si tratti.

A fronte del frequente contenzioso che sorge tra i genitori, che rivendicano il riconoscimento della loro capacita’ di prestare al figlio cure e protezione adeguate, o che lamentano il comportamento alienante dell’ altro genitore, il caso in esame si caratterizza per l’ opposto atteggiamento paterno che, nel giudizio di modifica del regime di affidamento del minore instaurato dalla madre a seguito dell’ entrata in vigore della legge n.54/2006, ha espressamente chiesto che non fosse modificata, nell’ asserito interesse del minore, la situazione di esclusivo accudimento del figlio da parte della madre e che mai ha fatto valere in giudizio il proprio diritto-dovere di frequentare con continuita’ il figlio a fronte del comportamento ostativo della madre, che solo in questa sede viene dedotto e, peraltro, non provato.

Va, a questo punto, in primo luogo, esaminata l’ eccezione di prescrizione sollevata dal convenuto. Gli obblighi di assistenza morale e materiale gravanti sui genitori nei confronti dei figli, che sono identici tanto nei confronti dei figli naturali quanto nei confronti dei figli legittimi (art. 261 cc), sorgono dalla nascita (Cass. 13 dicembre 2011, n.26772), indipendentemente dal momento in cui il figlio naturale sia riconosciuto, anche se il diritto puo’ essere fatto valere dalla data del riconoscimento in quanto e’ da tale data che il figlio naturale acquisisce lo status di figlio (Cass.26.5.2004, n.10124). D’ altro canto, l’ illecito caratterizzato dal venir meno all’ obbligo di assistenza morale nei confronti del figlio consiste in un’ omissione che si protrae nel tempo, producendo i suoi danni per ogni giorno successivo a quello in cui l’ omissione e l’ evento dannoso si siano manifestati per la prima volta, fino alla cessazione della condotta dannosa. Il diritto al risarcimento sorge, in tali casi, in modo continuo via via che il danno si produce e mette in moto, con la conseguenza che la prescrizione comincia a decorrere da ciascun giorno successivo al danno gia’ verificatosi e al relativo diritto al risarcimento; il diritto al risarcimento si prescrive, dunque, in modo continuo se non esercitato entro cinque anni (art.2947 c.c.) dal momento in cui si verifica (Cass. 24 agosto 2007, n.17985; Cass.14 novembre 2O11, n.23763). In questa sede potranno, pertanto, essere presi in esame i danni derivanti dalla condotta omissiva tenuta dal convenuto solo per il periodo successivo ai cinque anni anteriori alla domanda, essendo il relativo diritto prescritto per il periodo antecedente, ossia dalla nascita del minore sino al 15 dicembre 2003.

Per quanto riguarda il merito, occorre premettere qualche cenno ai principi dai quali e’ desumibile che la condotta posta in essere dal convenuto ha violato un diritto fondamentale della persona.

Il 1 dicembre 2009 e’ entrato in vigore il Trattato di Lisbona, ratificato con legge 2 agosto 2008 n.130, che all’ art.6.1 riconosce alla Carta dei diritti fondamentali dell’ Unione Europea, gia’ firmata a Nizza nel dicembre 2000, lo stesso valore giuridico dei trattati. La Carta di Nizza prevede all’ art.7 il rispetto della vita privata e della vita familiare, all’ art.14 il diritto all’ istruzione, all’ art.24 i diritti del bambino (I bambini hanno diritto alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere). Gli artt.52 e 53, inoltre, garantiscono che le disposizioni della Carta di Nizza siano interpretate in maniera omogenea rispetto alla CEDU, stabilendo che, in caso di contrasto, la norma della Carta prevarra’ solo se volta a riconoscere una tutela piu’ estesa. L’ art.6 del Trattato di Lisbona ha dichiarato che l’ Unione Europea aderisce alla Convenzione Europea dei Diritti dell’ Uomo, i cui diritti fondamentali fanno parte del diritto dell’ Unione in quanto principi generali, se risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri. Tale premessa si rende necessaria perche’ la giurisprudenza della CEDU concorre a consolidare la struttura costituzionale dell’ ordinamento degli Stati membri e a rinnovare gli ordinamenti nazionali.

Nella materia dei diritti delle persone minori di eta’, tale concorso di norme spiega in modo particolare i propri effetti in quanto i principi elaborati dalla Corte di Strasburgo per quanto concerne la relazione dei figli con i genitori costituiscono una preziosa fonte integrativa delle norme interne. La Corte di Strasburgo accoglie, innanzitutto, un concetto di famiglia indipendente dal vincolo di coniugio, con cio’ aprendo il varco al tema dell’ eguaglianza dei diritti dei figli nella relazione con i genitori, siano essi generati nella famiglia legittima, siano essi generati nella famiglia naturale. L’ art.14 della stessa CEDU vieta ogni discriminazione fondata sulla nascita e vivifica la normativa interna nelle parti in cui pone sul medesimo piano i figli naturali ed i figli legittimi.

La combinata lettura dell’ art.8 della CEDU, che impone il rispetto della vita privata e familiare senza discriminazioni fondate sulla nascita, con l’ art.14, che vieta ogni discriminazione, e’ espressione, secondo la giurisprudenza della Corte, del diritto inviolabile del figlio naturale di essere amato e assistito dai genitori anche sotto il profilo del divieto di discriminazione tra figli naturali e figli legittimi. Lo stesso divieto di discriminazione e’ previsto dall’ art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’ Unione Europea.

Ma, ancor prima, e’ la stessa Carta Costituzionale italiana che, agli artt.2, 3 e 30, sancisce il diritto-dovere dei genitori di mantenere, istruire ed educare i figli anche se nati fuori dal matrimonio in posizione di eguaglianza rispetto ai membri della famiglia legittima. I principi costituzionali, anche alla luce di quanto affermato dalle fonti sovranazionali, evidenziano come non sia rispettoso dei diritti fondamentali dell’ individuo il comportamento del genitore che, pur ottemperando agli obblighi di assistenza materiale, si disinteressi completamente dell’ assistenza morale del figlio naturale adducendo, tra le motivazioni di tale comportamento, la circostanza di fatto per cui egli abita in un luogo distante da quello di residenza del minore con la propria famiglia legittima, composta di altri cinque figli.

La Corte di Strasburgo ha piu’ volte richiamato come espressione del diritto fondamentale alla vita familiare la possibilita’ per genitori e figli di godere della reciproca presenza, di quotidianita’ o, comunque, di continuita’ e assiduita’ di relazione (CEDU 5.4.2005 Monory c. Romania e Ungheria). A cio’ si aggiunga che, a seguito dell’ entrata in vigore della legge 8 febbraio 2006 n. 54, ancor piu’ chiaramente nella materia dell’ affidamento genitoriale e’ stata sancita la piena eguaglianza tra figli legittimi e figli naturali. Il diritto del figlio di mantenere rapporti significativi con i familiari rinviene una sua ulteriore fonte nella Convenzione di New York del 20 novembre 1989 ed e’ ribadito a livello di legge ordinaria nella legge 28 marzo 2001 n. 14, in tema di adozione.

Si puo’, pertanto, ritenere che, gia’ da prima dell’ entrata in vigore della legge n. 54 del 2006 ma, a maggior ragione, successivamente a tale legge, il diritto del figlio di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascun genitore e di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi, nonche’ di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale (art.155 c.c.) sia espressione di un diritto fondamentale del minore, che trova la sua fonte in primo luogo nella Costituzione italiana e, in ogni caso, nella Carta di Nizza e nella CEDU.

Va richiamato, a questo proposito, il bisogno della persona di avere relazioni affettive con i propri genitori quale primario elemento che concorre ad un corretto sviluppo psicofisico e garantisce il rispetto della dignità umana, oltre a favorire la realizzazione della persona nella fase adulta nella vita (Cass. 12 aprile 2006, n.8527).

Vale la pena rilevare come il convenuto, gia’ in sede di procedimento camerale per la modifica delle condizioni di affidamento, fosse stato condannato ai sensi dell’art.709 ter c.p.c. al pagamento di una sanzione in correlazione al suo comportamento di disinteresse nei confronti del figlio. Ma, a prescindere dai provvedimenti che hanno la funzione di stimolare e sollecitare comportamenti responsabili da parte dei genitori nei confronti dei figli, qualora tali comportamenti non siano di fatto posti in essere, oltretutto per un ampio lasso di tempo, non resta che la tutela risarcitoria per il danno eventualmente derivatone.

Con la sent. n.7713/2000 la Corte di Cassazione aveva gia’ affrontato il tema della responsabilita’ aquiliana del genitore inadempiente ai doveri derivanti dal rapporto di filiazione. Alcune decisioni di merito hanno, poi, attribuito rilievo all’elemento soggettivo della condotta omissiva, inquadrando come particolarmente grave il comportamento del genitore protrattosi nel tempo in quanto espressione di un pervicace disinteresse nei confronti del figlio.

Posto che, nel caso concreto, emerge che Y, con pervicacia, abbia completamente omesso di occuparsi della cura morale del figlio e di mantenere con lui una costante relazione affettiva, con ciò violando i diritti fondamentali del minore sopra richiamati, occorre a questo punto verificare se da tale condotta omissiva sia derivato un danno al minore.

Va, in primo luogo, sgombrato il campo da ogni ipotesi di danno patrimoniale, in quanto e’ pacifico che sin dalla nascita del minore Y ha contribuito con ingenti somme di denaro al mantenimento e all’ istruzione di W, curando anche che venissero accantonate consistenti liquidita’ per permettere al figlio di avere la possibilita’ di un inserimento sociale e lavorativo adeguato alla posizione socio-economica del padre naturale.

Per quanto riguarda il danno non patrimoniale, vale qui richiamare i principi affermati dalla sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione 11 novembre 2008, n.26972, che ha ricondotto sotto la categoria dei danni non patrimoniali tutti i danni risarcibili non aventi contenuto economico in base al combinato disposto degli artt.2043 e 2059 c.c., riconoscendo il diritto al risarcimento qualora, pur non ricorrendo alcuna ipotesi di reato o la violazione di una specifica norma che riconosca il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale, il fatto illecito abbia violato in modo grave diritti inviolabili della persona, in quanto tali oggetto di tutela costituzionale.

Anche il danno non patrimoniale deve essere sempre allegato e provato da chi ne pretende il risarcimento e la prova puo’ essere data con ogni mezzo. Trattandosi, all’infuori dell’ ipotesi del danno biologico, di pregiudizio a beni immateriali, particolare rilievo assume la prova presuntiva, attraverso la quale il giudice deduce dal fatto noto quello ignoto secondo un principio di probabilità (Cass.sent.13 maggio 2011, n.10527).

In merito alla domanda di risarcimento del danno biologico, la parte attrice non ha provato ne’ ha chiesto di provare l’ allegato “danno biologico primario“, limitandosi a formulare istanza di consulenza tecnica d’ ufficio, non ammissibile in difetto di qualsivoglia specifica allegazione di fatti a sostegno di tale richiesta istruttoria.

Per quanto riguarda, invece il danno esistenziale ed il danno morale soggettivo, il Tribunale ritiene che le circostanze di fatto allegate dalla parte attrice e non contestate dalla parte convenuta ed i verbali delle dichiarazioni rese da Y e da W nel giudizio svoltosi dinanzi al Tribunale di Roma nel dicembre 2006 siano argomenti di prova sufficienti a far presumere che il comportamento illecito del padre sia la causa dell’ assenza di rapporti con il minore, dunque dell’ evento dannoso, non essendo provato che il padre si sia in alcun modo attivato per incontrare il figlio o che l’ assenza di rapporti sia ascrivibile ad un comportamento ostativo della madre, essendo anzi desumibile il contrario dal fatto che il minore avesse espresso chiaramente il desiderio di incontrare il padre e non ha manifestato sintomi di alienazione parentale; ma tali argomenti appaiono idonei anche a dimostrare che la lesione del diritto fondamentale del minore a ricevere cure e affetto dal padre naturale sia connotata da gravita’ tanto per la durata quanto per l’elemento soggettivo, non potendosi condividere l’ assunto di parte convenuta per cui i gravosi impegni legati all’ attivita’ di calciatore professionista del padre costituiscano una valida giustificazione al comportamento di quest’ ultimo.

Poste queste premesse, si puo’ presumere secondo comuni regole di esperienza che il comportamento paterno abbia ingenerato nel figlio sia una sofferenza morale sia un vero e proprio danno esistenziale da privazione del rapporto parentale, inteso come quell’ insieme di comportamenti nei quali si manifestano l’ affetto, l’ attenzione e l’ educazione di un genitore.

Per la liquidazione equitativa di tali voci di danno non patrimoniale si ritiene corretto fare riferimento alla tabella in uso presso il Tribunale di Roma per la liquidazione del danno parentale, formulata proprio per la liquidazione equitativa ed uniforme dei pregiudizi non patrimoniali diversi dal danno biologico correlati al venir meno della relazione con il congiunto.

Adeguato il valore desumibile da tale tabella al caso concreto, in cui occorre tener conto dell’ eta’ del minore, dell’ infungibilità della relazione padre-figlio, del periodo in cui si e’ accertata l’ assenza del genitore (dal dicembre 2003, in considerazione del fatto che il diritto, come si e’ detto, e’ prescritto per fatti anteriori) e della gravita’ dell’ illecito ascrivibile al convenuto, si stima congruo liquidare in favore di W, a titolo risarcitorio del danno morale e del danno esistenziale, la complessiva somma di euro 80.000,00, gia’ rivalutata alla data della sentenza.

In ordine alla liquidazione degli interessi volti a compensare il pregiudizio da ritardo, deve aderirsi all’ orientamento espresso dalle Sezioni Unite della Suprema Corte con la sentenza del 17 dicembre 1995 n. 1712, per cui detti interessi, con decorrenza dal giorno dell’ inizio della condotta lesiva (16.12.2003) sino alla data di pubblicazione della presente sentenza, devono essere calcolati nella misura del 2,3 % annuo (costituente il tasso medio tra la data del fatto e la data della sentenza) sulla somma originaria di euro 68.434,00, di anno in anno rivalutata secondo gli indici Istat sino alla data di pubblicazione della presente sentenza, ed al tasso legale sulla somma interamente rivalutata di euro 80.000,00 da tale ultima data fino al soddisfo.

2. Domanda di risarcimento del danno in favore di X in proprio

Tale domanda e’ palesemente infondata in quanto l’ attrice non ha provato ne’ chiesto di provare il nesso causale tra la condotta del convenuto e il danno da pregiudizio della sua carriera professionale lamentato.

Con riguardo al danno non patrimoniale va, inoltre, rilevato che non risulta individuabile in capo all’ attrice alcun diritto fondamentale dalla cui lesione sarebbero derivate conseguenze dannose.

3. Domanda riconvenzionale di regresso proposta da Y

Tale domanda e’ palesemente infondata in quanto e’ incontestato tra le parti che, dalla nascita del figlio W, senza soluzione di continuita’, il minore abbia coabitato con la madre, la quale ha, pertanto, provveduto al mantenimento diretto dello stesso, secondo le determinazioni del Tribunale in merito al dovere di contribuzione di ciascuno dei genitori.

L’ ammontare del contributo paterno e’ stato, peraltro, determinato gia’ tenendo conto della proporzione tra i redditi dei genitori e dei tempi di permanenza del minore con ciascuno, quale emergente nel corso del giudizio, a tal fine instaurato e definito dinanzi all’ autorita’ competente secondo il rito speciale dei procedimenti in materia di famiglia, con sentenza del Tribunale di Roma n…../2000, confermata quanto all’ ammontare del contributo dalla Corte d’ Appello di Roma con sentenza n…../2002; la questione e’ stata nuovamente esaminata dal Tribunale di Roma ai sensi dell’art.710 c.p.c. con decreto 19.2.2007, confermato dalla Corte d’ Appello di Roma con decreto del 29.5.2008.

L’ azione di regresso presuppone, inoltre, che il coobbligato solidale abbia adempiuto per l’ intero l’ obbligazione, mentre nel caso concreto e’ pacifico che Y abbia provveduto a corrispondere per il mantenimento del figlio la quota su di se’ gravante in base alle statuizioni giudiziali sopra menzionate.

4.Spese del giudizio

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo in favore del procuratore antistatario.

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