Impiegati dello stato, Infermita’ per causa di servizio ed equo indennizzo, Prevalenza del parere della Commissione medico ospedaliera su quello della Commissione di verifica. Consiglio Stato , Sez. V, 25/07/2006 , n. 4651

Lo svolgimento dell’ attivita’ lavorativa può causare lesioni alla salute dei dipendenti pubblici procurando gravi infermita’, quali tumori, considerate degne di risarcimento, nelle ipotesi di parere positivo del Comitato Pensioni Privilegiate Ordinarie, oggi Comitato di Verifica. Tale parere, il piu’ delle volte immotivatamente negativo, prevaleva su tutte le perizie della Commissione medica ospedaliera. La Giurisprudenza Amministrativa ha affermato per anni che il giudizio del C.P.P.O. – quale che fosse – era prevalente su tutti gli altri giudizi medico legali emessi nel corso dell’ istruttoria, non solo quando le Commissioni Medico Ospedaliere (che avevano anche sottoposto a visita l’ interessato) avevano espresso parere favorevole sulla dipendenza di causa di servizio dell’ infermita’, ma persino quando l’ Amministrazione aveva gia’ riconosciuto tale dipendenza, poi negata dal C.P.P.O. in sede di richiesta dell’ equo indennizzo.

Il Consiglio di Stato con la citata sentenza accoglie l’ appello di un dipendente pubblico riconoscendo quindi l’ esistenza di un nesso eziologico tra attivita’ lavorativa ed il cancro sulla base della perizia della Commissione medica ospedaliera nonostante la sussistenza di un successivo parere negativo del CdV

Ecco la sentenza per esteso

REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta ha pronunciato la seguente DECISIONE sul ricorso in appello n. 9895/2004 proposto dal sig…… rappresentato e difeso ed elettivamente domiciliato presso di contro USL n. 7 della Sardegna (ora ASL n. 3 di Nuoro),

1. Con l’ appellata sentenza, il T.A.R. Sardegna, Sez. 2°, ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal ………. avverso la delibera adottata dall’ Amministratore straordinario della USL n. 7 della Sardegna il 9.3.1994 n. 895, con la quale era stata respinta la domanda avanzata dal ricorrente per ottenere la concessione dell’ equo indennizzo per l’ infermita’ Neoplasia Vescicale.
In particolare, il TAR ha rilevato che la domanda dell’ interessato era stata respinta dall’ amministrazione per due autonomi motivi: perche’ il Comitato per le Pensioni Privilegiate Ordinarie aveva escluso la dipendenza da causa di servizio dell’ infermita’ lamentata e perche’ la somma eventualmente dovuta per l’ equo indennizzo era inferiore alla rendita concessa dall’ INAIL (in questo ultimo caso il dipendente non ha diritto ad ottenere l’ equo indennizzo, come dispone l’articolo 63, comma 3° del D.P.R. 20 maggio 1987 n. 270). Il ricorrente invece, nel suo ricorso, aveva censurato soltanto il primo motivo di diniego, ma non anche il secondo.
2. Avverso detta sentenza ha proposto appello l’ interessato, deducendo le seguenti doglianze:
– il TAR aveva dichiarato inammissibile il ricorso per mancata deduzione di motivi di censura avverso una parte del provvedimento di diniego che gia’ al momento della proposizione del ricorso doveva considerarsi inesistente per effetto della modifica disposta dalla USL con il provvedimento n. del 12.4.1994, depositato nel giudizio di primo grado dalla stessa Amministrazione;
– detto provvedimento n. 1876/1994 era stato adottato in aututela e percio’ con efficacia ex tunc, per cui il primo provvedimento di diniego veniva a fondarsi ormai su una sola ragione;
– ne’ il TAR aveva giustificato le ragioni per cui non aveva preso in considerazione il nuovo provvedimento n.;
– il diniego di equo indennizzo si fondava esclusivamente sul parere del CPPO, che peròo’ era a sua volta del tutto immotivato, non essendo state indicate le ragioni di dissenso con riferimento alle sostanze di carattere cancerogeno quotidianamente utilizzate dall’ interessato nello svolgimento della sua attività di tecnico di laboratorio, come evidenziato dalla CMO e come risultante dalla documentazione in atti.
3. Costituitasi in giudizio, l’ Amministrazione ha eccepito l’ inammissibilità del ricorso in quanto non notificato al CPPO e per non essere stata chiamata in giudizio la gestione liquidatoria della USL n. 7, nonche’ per mancata impugnativa dell’ ultimo atto lesivo, che aveva sostituito il precedente provvedimento.
Ha comunque chiesto il rigetto dell’ appello, per essere stata accertata in sede medica la mancanza di causa di servizio ed a tale situazione non era consentito derogare.
4. Con memoria conclusiva, l’ appellante ha insistito per l’ accoglimento del ricorso, rilevando che il nuovo provvedimento aveva annullato parzialmente il primo, per cui non vi era sostituzione del precedente provvedimento ma coesistenza di due diverse deliberazioni ed in particolare con la seconda era stata espunta una parte della motivazione del primo, con conferma senza nuova valutazione del diniego sulla base del parere del CPPO; che non occorreva notificare il ricorso al CPPO, che aveva adottato solo un parere obbligatorio non vincolante, come del resto statuto dalla decisione Cons. di Stato, sez. V, n. 5438/2003.
Alla pubblica udienza del 7.3.2006, il ricorso e’ stato trattenuto in decisione.
5. L’appello e’ fondato.
5.1. Prive di pregio sono le diverse eccezioni di inammissibilita’ sollevate dall’ Amministrazione.
5.1.1. Il rilevato difetto di contraddittorio nei confronti della Gestione liquidatoria della USL e’ insussistente.
Il ricorso di primo grado e’ stato notificato alla USL n. 7 di Nuoro e nel giudizio presso il TAR si e’ costituito l’Amministratore straordinario p.t. della USL stessa.
Il ricorso in appello e’ stato notificato sia alla USL n. 7, presso il procuratore costituito in primo grado, che All’azienda USL subentrante, con la costituzione in appello della USL in persona del Commissario liquidatore p.t., come risulta dalla delibera n. 59/2004 versata in atti. Per cui il contraddittorio nei confronti della Gestione liquidatoria della USL e’ stato regolarmente instaurato.
5.1.2. Contrariamente a quanto sostenuto dall’ Amministrazione, il ricorso non doveva essere notificato anche al CPPO, assumendo tale organo solo un ruolo consultivo, e non decisorio, nell’ ambito del procedimento di liquidazione dell’ equo indennizzo (V. le decisione di questo Consiglio, sez. V n. 5438 del 24.9.2003 e sez. VI n. 108 del 24.1.2005).
Invero, dovendosi applicare al personale del servizio sanitario nazionale la disciplina statale (ai sensi dell’art. 49 D.P.R. 20.12.1979 n. 761), vengono in rilievo, all’ epoca dell’ atto impugnato (marzo 1994), gli articoli 177 e 178 del testo unico sul trattamento di quiescenza dei dipendenti dello Stato, emanato con decreto del presidente della repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092, secondo cui «Il comitato per le pensioni privilegiate ordinarie» (che ora il decreto del presidente della repubblica 29 ottobre 2001 n. 461 ha trasformato in “comitato di verifica per le cause di servizio”,) «deve essere sentito nel caso in cui la competente commissione medica ospedaliera abbia espresso il parere che le infermità o le lesioni accertate siano dipendenti da causa di servizio» (articolo 177, primo comma); «L’ amministrazione centrale, acquisito il parere del comitato per le pensioni privilegiate ordinarie, qualora non condivida detto parere puo’ sentire l’ufficio medico legale presso il Ministero della sanità» o il Collegio medico presso il ministero della difesa per il personale militare (articolo 178, primo comma).
Per cui il parere del Comitato non e’ di per se’ vincolante ma lo diventa solo nel caso in cui l’ Amministrazione non ritenga necessario richiedere l’ ulteriore parere dell’ ufficio medico legale o del collegio medico. Con la conseguenza che il Comitato non assume il ruolo di autorita’ emanante cui deve essere notificato il ricorso.
5.1.3. Il ricorso originario non era inammissibile, come erroneamente ritenuto dal TAR, ed inoltre l’ interessato non doveva impugnare anche il provvedimento n. 1876 del 12.4.1994.
E’ opportuno far presente che l’ istante aveva impugnato davanti al TAR il provvedimento USL n. 895 del 9.3.1994, senza contestare quella parte della motivazione secondo cui la somma eventualmente dovuta per l’ equo indennizzo sarebbe stata inferiore alla rendita concessa dall’ INAIL.
Peraltro, tale parte della motivazione era stata annullata con un successivo provvedimento della USL n. 1876 del 12.4.1994, regolarmente depositato agli atti del giudizio di 1° grado ma di esso il TAR non aveva tenuto conto.
Il provvedimento n. 1876/1994, come e’ espressamente precisato nella parte dispositiva, non ha annullato del tutto il primo provvedimento ma lo ha modificato parzialmente ex tunc. Per cui, esso si configura in parte come annullamento d’ ufficio ed in parte come meramente confermativo del diniego di equo indennizzo sulla base del parere del CPPO.
Con la conseguenza che il TAR non poteva dichiarare inammissibile il ricorso per mancata contestazione di un aspetto del diniego ormai non più sussistente al momento della decisione ed inoltre l’interessato non era tenuto ad impugnare anche il provvedimento n. proprio perche’ non autonomamente lesivo della sua posizione.
5.2. Nel merito va accolta la censura di difetto di motivazione.
5.2.1. E’ ormai principio consolidato quello secondo cui in materia di equo indennizzo l’ ordinamento non mette a disposizione dell’ Amministrazione una serie di pareri, pari ordinati, resi da organi consultivi diversi e dotati di identica competenza, sui quali orientarsi, ma affida al Comitato per le Pensioni Privilegiate Ordinarie (ora “Comitato di verifica per le cause di servizio”) il compito di esprimere un giudizio conclusivo anche sulla base di quello reso dalla Commissione Medica Ospedaliera: in altri termini, il parere del Comitato per le Pensioni Privilegiate Ordinarie rappresenta il momento di sintesi finale e di superiore valutazione dei giudizi espressi da altri organi precedentemente intervenuti e si impone all’ Amministrazione, la quale non e’ neppure tenuta a motivare le ragioni di preferenza accordate al parere espresso da suddetto organo, sempre che lo stesso abbia espresso un giudizio congruo sul versante istruttorio e motivazionale (ex pluribus, C.d.S., sez. IV, 14 dicembre 2004, n. 8054, n. 8061 e n. 8066; 26 novembre 2004, n. 7705; 26 settembre 2001, n. 5069; 19 aprile 2001, n. 2367; sez. VI, 16 aprile 2003, n. 1959). Un obbligo di puntuale motivazione e’ ipotizzabile solo per l’ ipotesi in cui l’ amministrazione ritenga di non potersi uniformare al predetto parere del Comitato ovvero nell’ ipotesi di giudizio difforme non motivato espresso dal Comitato rispetto al parere, obbligatorio ma non vincolante, reso dalla Commissione Medico Ospedaliera (C.d.S., sez. IV, 26 novembre 2004, n. 7705; sez. VI 14 gennaio 2003, n. 14).
In sostanza, la funzione attribuita al Comitato per le Pensioni Privilegiate Ordinarie e’ diversa da quella attribuita alle Commissioni Mediche Ospedaliere e non si configura come mera revisione del precedente giudizio sanitario, fondandosi su ulteriori profili di complessiva valutazione tecnico-amministrativa, cosi’ che al Comitato, quando disattende il precedente giudizio, incombe non tanto uno specifico e diffuso onere motivazionale, quanto, piu’ semplicemente, l’ obbligo di articolare il proprio parere su una concreta considerazione delle risultanze istruttorie e diagnostiche gi’ scrutinate dalla Commissione (C.d.S., sez. IV, 15 novembre 2004, n. 7374; 22 ottobre 2004, n. 6951).
L’ assoluta preminenza delineata dalla legge (e avallata dalla ricordata consolidata giurisprudenza) del parere espresso dal Comitato per le Pensioni Privilegiate Ordinarie ai fini della liquidazione dell’ equo indennizzo, non rende tuttavia insindacabile detto parere, essendo una simile evenienza assolutamente inammissibile rispetto al principio sancito dall’ articolo 113 della Costituzione e dell’ art. 3 L. 7.8.1990 n. 241 e successive modificazioni: deve pertanto ammettersi che il giudizio medico legale espresso dal Comitato per le Pensioni Privilegiate Ordinarie, pur se caratterizzato da un’ amplissima di discrezionalita’ tecnica, non si sottrae al sindacato di legittimità quando esso sia irragionevole, palesemente incongruo (C.d.S., sez. IV, 14 dicembre 2004, n. 8067) ovvero quando si basi su di un evidente travisamento di fatti; deve, altresi’, ammettersi che in particolarissimi situazioni un obbligo, sia pur molto limitato, di motivazione, allorquando esso si discosti dall’ articolato e puntuale parere della Commissione Medico – Legale, comunque sussista (V. C. di S., sez. IV, 22.9.2005, n. 4950).
5.2.2. Nella specie, il difetto di motivazione e’ indubbiamente sussistente in quanto il giudizio espresso dalla Commissione medica ospedaliera sulla causa di servizio (verbale del 7.5.1993) teneva conto della specifica attivita’ svolta dall’interessato e delle sostanze cancerogene con cui era venuto a contatto in qualita’ di tecnico di laboratorio. Mentre il CPPO si e’ limitato ad escludere genericamente la causa di servizio, senza in alcun modo contestare i presupposti sulla cui base la CMO aveva espresso il suo convincimento favorevole all’ impiegato.
6. Per quanto considerato, l’ appello va accolto, con l’annullamento del provvedimento n. e del conseguente provvedimento n. in parte qua.
Le spese di entrambi i giudizi seguono come di regola la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

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